Digital Crack, 8a a 3800 metri sull’Arête de Cosmiques
Mi stavo allenando duramente per le gare della stagione a seguire ma in realtà avevo in mente altro. Era inverno ed è allora che ho deciso di andare a provare Digital Crack, la stupenda linea sospesa sull’Arête des Cosmiques. Faceva ancora troppo freddo e certamente non ero abbastanza in forma per salirla.
Pensavo a quella linea su cui pochi hanno provato ad arcuare quelle prese poco sincere, forse per la mancanza d’aria o forse per la difficoltà dell’avvicinamento. Tutte queste difficoltà attiravano la mia attenzione: dovevo provarci. Ho deciso così che avrei organizzato una sorta di spedizione, supportata dai miei sponsor, per farmi accompagnare. Il 24 giugno partiamo in quattro per prendere la nuova funivia che ci avrebbe portato a Punta Helbronner di buona mattina. Il programma era pensato per procurare materiale fotografico e video per gli sponsor e prevedeva dunque 4 giorni di cui due notti in tenda, rigorosamente Ferrino, e una al Rifugio des Cosmiques con spostamenti via sci e pelli: Punta Helbronner – Satelliti, Satelliti – Rifugio des Cosmiques, Rifugio des Cosmiques – Punta Helbronner. Una programmino non proprio ideale per fare prestazione. Decidiamo ancora di dare la precedenza a una scalata di piacere sui Satelliti per permettermi di acclimatarmi meglio. Tutto perfetto, certo… peccato che non abbiamo tenuto conto dell’enorme carico che ci stavamo portando dietro, perciò le fatiche previste si sono quadruplicate e dopo i primi due giorni sui Satelliti, dormendo nel campo Ferrino sotto il Grand Capucin, sono già stanca. La mattina del terzo giorno ci spostiamo in direzione Rifugio des Cosmiques: troppo tempo per raggiungere quel maledetto rifugio che non arrivava più, dopo ore a pellare sotto il sole cocente di mezzogiorno inizio a non sentire più il mio corpo. Sono stanca e affamata, voglio solo sdraiarmi e togliermi il pesantissimo zaino dalla schiena. Il mio obiettivo si fa sempre più sfocato… poi finalmente arriviamo e un piatto di lasagne ci rimette in sesto per affrontare la fatica successiva: raggiungere il pilastro Gendarme, a circa due terzi della cresta dell’Arete des Cosmiques.
Alle 2 del pomeriggio stiamo infilando di nuovo gli scarponi per iniziare a salire la cresta rocciosa e ghiacciata, il tutto in pochissimo tempo perché alle 6 dobbiamo essere di nuovo in rifugio per la cena. Due ore per arrivare sotto il tiro, troppo tempo! Non ne perdo altro e attacco la prima lunghezza che mi mi porta sulla cengia poco più in alto. Arrivo alla base del tiro e inizio a studiare la roccia per trovare qualcosa che assomigli a un appiglio, un segno di magnesite…
Finisco di recuperare il mio compagno sempre senza scollare gli occhi dalla roccia davanti a me, perfetta e letale… basta accarezzarla per perdere qualche strato di pelle. Arriva in cengia anche lui e mi preparo.
Il primo tentativo non è molto positivo, infatti mi blocco tra il terzo e il quarto rinvio dove si nasconde il passo chiave e non riesco a sviscerarlo in nessun modo. Una, due, tre, sette cadute… è ora di tornare e sono costretta a calarmi altrimenti non avremmo nemmeno mangiato quella sera.
Troviamo una valida alternativa alla cresta per scendere al rifugio e ci caliamo in un canale ormai di neve molle ma con rocce abbastanza solide per permetterci di raggiungere il fondo dove ci aspettano solo più 15 minuti di camminata in salita sul ghiacciaio per raggiungere la cena.
Dopo un bel pasto caldo mi torna anche l’ottimismo! Decido che il giorno successivo, l’ultimo, ce l’avrei messa tutta… per questa volta mi sarebbe bastato anche solo raggiungere la cima di quel pilastro. Sveglia alle cinque, colazione veloce e preparativi per abbandonare il rifugio con tutta la roba che ci saremmo scarrozzati nel primo pomeriggio a Punta Herbronner per tornare a casa.
Alle 7.30 siamo sotto Digital Crack dopo un bel riscaldamento di un’ora per risalire il canale del giorno prima, questa volta ghiacciato e quindi con picche e ramponi.
Ho un fuoco dentro, voglio stringere l’impossibile questa mattina. Il paesaggio mi dà forza, l’aria pure, non mi manca l’ossigeno! Quello che manca però è una temperatura sopportabile, infatti dopo poco arriva il brutto tempo e non si riesce a resistere nemmeno con il piumino. Ci ritiriamo, con un po’ di tristezza…
riesco comunque a portarmi a casa tutti i singoli della via e quello era il mio obiettivo, perché sapevo che questo sarebbe bastato a darmi la sicurezza di tornare con condizioni migliori e non sbagliare.
Digital Crack, 8a (Monte Bianco)
Il 25 Giugno del 1999 Thierry Renault e Alain Ghersen fanno la prima salita di Digital Crack (quotata allora 8a+). Oggi la linea è stata rivalutata 8a ma le cose cambiano poco. Quello che non cambia è invece la quota: Digital Crack è infatti il primo 8a più alto d’Europa e arrivando da Chamonix all’Arête des Cosmiques superando i 3.000 metri l’altitudine si fa sentire, inizia a girare la testa e bisogna abituarsi.
La via consiste in una serie di passaggi di forza di dita per i primi quattro rinvii dove il muro è verticale, mentre dopo si abbatte appena per trasformarsi in un’estenuante lotta di microappoggi per mani e piedi, compressioni che ti fanno esplodere i dorsali fino al penultimo rinvio dove finalmente puoi prendere una boccata d’aria, poco ossigenata ovviamente. Il singolo più difficile della via, dove sono volata penso più di 30 volte per riuscire ad arrivare al rinvio successivo, è costituito da una serie di movimenti ad orologio che ti portano a non essere mai fuori equilibrio e che ti permettono di conquistare qualche centimetro alla volta fino ad arrivare a una posizione del tutto innaturale dalla quale con un caricamento di gambe riesci ad impostare un dinamico di mano sinistra per raggiungere la tacca sotto il rinvio. Da lì inizia la parte leggermente appoggiata. Penso che questo genere di scalata abbia messo davvero a dura prova la mia precisione sui piedi, non si finisce mai di imparare!
Ad assicurarmi il giorno della mia salita c’era Adriano:
Federica Mingolla, non patisce la quota e nemmeno il caldo! Mercoledì 1° luglio mi sono fatto perdonare dalla band (ormai diventato il Ming staff) dandole un passaggio fin sotto Digital Crak…
Non scomoderei l’alpinismo, per parlare di quest’ultimo cadeau della Ming, ma vi dico che quella ragazza è stata costruita meglio degli altri umani! Accompagnando precedentemente un mio amico, avevo capito una sola cosa di questo tiro: serve buona aderenza. Bene, il protogino rosso del Monte Bianco , spesso al sole suda… Quel mercoledì di fuoco possiamo dire che spurgava grasso a 3.800m!!! La Ming ha stretto le dita e ingannato i piedi… e li ha fatti salire in libera. Prima italiana sicuramente, forse seconda donna al mondo. (Adriano Trombetta)
Photogallery © Federico Ravassard
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Photogallery © Federico Ravassard